Enrico Bezzi ci aiuterà
a scoprire questa interessante realtà, grazie alla sua conoscenza profonda di tutti
gli aspetti che riguardano il business a Singapore. Bocconiano, Enrico coniuga la
sua professione di Dottore Commercialista e Revisore legale con quella di consulente per il commercio estero presso la società ITSEAConsulting (www.itseaconsulting.com)
di cui è sia socio che fondatore.
Intervista a cura di Pasquale
Canu
Enrico, come hai
iniziato ad occuparti di consulenza e di supporto alle imprese italiane che
intendono instaurare rapporti economici e commerciali con Singapore e da quanto
tempo lo fai? Puoi raccontarci come consiste la tua attività?
La
mia attività tipica è quella di dottore commercialista e grazie al decennale
esercizio della stessa, a stretto contatto con le mie imprese clienti, è sorto
l’interesse di creare nuove opportunità di business esattamente a Singapore,
poiché esso rappresenta il punto strategico per muovere la propria azione
nell’intero sud-est asiatico. Questa idea è stata condivisa nel novembre del
2012 assieme al mio collega, nonché socio, Francesco Biondelli, dopo un’attenta
analisi, caratterizzata da numerosi incontri programmatici, che ha portato
nell’anno successivo alla costituzione della nostra società di consulenza, ITSEA Consulting, con sedi a Milano,
Brescia e principalmente a Singapore, ove il mio collega risiede e opera
stabilmente, ad attestare la serietà, l’impegno e la consistenza del nostro
progetto.
Nello specifico, i
servizi di consulenza che noi offriamo sono rivolti a tutte le imprese di
opportune dimensioni in grado di sostenere l’investimento da realizzare a
Singapore e, in particolar modo, puntiamo a far crescere le iniziative di
quelle aziende che si uniscono in rete.
La nostra azione si sviluppa
fondamentalmente nell’organizzazione di missioni imprenditoriali di tipo B2B, che
consistono nel far incontrare l’imprenditore italiano con due, tre o quattro
imprenditori locali accuratamente selezionati e contattati da noi, con la
finalità di mettere i nostri clienti nelle condizioni di ottenere gli sbocchi
commerciali ad essi più proficui, sia per coloro che a Singapore intendono
esportare la propria produzione, sia per coloro che invece da Singapore
desiderano importare, ricercando accordi di fornitura.
Un’altra attività che
svolgiamo, è quella di costituzione di società a Singapore, occupandoci di
gestire direttamente gli aspetti contabili, fiscali, amministrativi e
burocratici, nonché di ricercare gli spazi commerciali più adatti e le migliori
risorse umane da impiegare sul posto.
Poi procediamo anche
nell’istruire i rapporti bancari sia qui in Italia che a Singapore - dove
comunque sono presenti i maggiori gruppi bancari del mondo - per l’apertura di
conti correnti, di fidi e di prestiti, e ci interessiamo alla verifica dei
contratti che si vanno a stipulare, al fine di appurare che essi non siano
troppo penalizzanti per l’imprenditore.
Essendo la nostra
azione a 360°, forniamo altresì consulenza alle imprese dal lato dell’accesso
alla finanzia agevolata per le iniziative di internazionalizzazione,
interagendo sia a livello regionale attraverso Finlombarda e altri enti
similari, sia a livello nazionale tramite SIMEST; agiamo anche dal lato dell’ottenimento
delle garanzie, mettendo in stretto rapporto i nostri clienti con SACE, società
a partecipazione statale, che non solo si fa garante delle imprese italiane
all’estero, ma può anche eventualmente disporre degli anticipi sui crediti delle
commesse internazionali.
Tutto ciò viene
supportato, senza lasciare nulla al caso, mediante l’elaborazione di un attento
business plan, di approfondite ricerche di mercato accompagnate ai nostri studi
di fattibilità.
Concludo la risposta,
sottolineando che la nostra presenza è prima di tutto in Italia, perché riteniamo
che l’imprenditore debba usufruire di un consulente vicino a tutte le sue
istanze, riducendo, nel caso di Singapore, i problemi dovuti al fuso orario, e in
seconda battuta i nostri clienti possono sempre rivolgersi al nostro ufficio a
Singapore, dove troveranno sempre qualcuno che gli risponderà in italiano.
Singapore,
una minuscola porzione di territorio in una immensa area geografica. Com’è
stato possibile che sia diventato la porta d’ingresso e uno dei maggiori punti
di riferimento dei mercati del Sud-Est Asiatico e non solo? Potresti aiutarci a
capire meglio questa realtà?
Proprio perché si
tratta di una minuscola porzione di territorio, circa a metà degli anni ’60 gli
abitanti di Singapore si resero conto che non potevano competere con un mercato
così grande come quello asiatico da cui sono circondati. Decisero quindi di
puntare sulla totale apertura al mercato, diventando oggi uno dei principali
centri economici e finanziari al mondo. Attualmente Singapore rappresenta il 4°
centro finanziario mondiale, è il primo hub commerciale per il sud-est asiatico,
in quanto tutte le merci delle nazioni circostanti vengono stoccate a Singapore,
poiché il porto e l’aeroporto di Singapore sono considerati i più sicuri dell’Asia
e tra i migliori del mondo, grazie agli altissimi standard di sicurezza
raggiunti sinora, che rendono visibili e certi i tracciati delle merci,
riducendo al massimo i casi di smarrimenti, furti e danneggiamenti.
Singapore, inoltre,
risulta essere il miglior posto al mondo dove fare affari. È quanto emerge
da Doing Business 2014, l’annuale
rapporto pubblicato da World Bank, che ogni anno pubblica la classifica
dei Paesi al mondo in cui è più facile svolgere un’attività economica, stilando
una graduatoria finale che tiene conto di diversi parametri che vanno dalle
procedure burocratiche per avviare, gestire e chiudere un’attività, alla
facilità e ai tempi di accesso al credito, alle procedure di assunzione e
licenziamento del personale. L’Italia, giusto per fare un confronto, si trova
al 65° posto, su 189 nazioni censite.
Singapore è anche il 3°
Paese più ricco del mondo, con un livello altissimo di istruzione, ma ciò che è
maggiormente rilevante, riguarda il fatto che Singapore è la capitale della
comunità ASEAN (Association of South-East Asian Nations, Associazione delle Nazioni del Sud-Est
Asiatico, n.d.r.), che comprende dieci Stati del Sud-Est
Asiatico, ossia, Singapore per l’appunto, Indonesia, Malesia,
Filippine, Thailandia, Brunei, Vietnam, Laos, Myanmar, Cambogia, che nel totale
rappresentano un bacino di quasi 600 milioni di persone, con un’età media di
circa 25-30 anni con una qualità della vita in forte crescita.
Tra poco meno di un anno, inoltre, nel
2015, l’ASEAN, grazie all’abbattimento delle dogane tra i Paesi aderenti, diventerà un mercato unico, simile a quello dell’Unione
Europea, con circa 600 milioni di consumatori e un PIL aggregato di oltre 2.300
miliardi di dollari, con una crescita media dell’area è di circa il 6%.
Tutti gli accordi che
riguardano gli Stati che fanno parte all’ASEAN si stipulano preferenzialmente a
Singapore, in quanto Stato membro del Commonwealth britannico, il che significa
potersi avvantaggiare di un sistema giuridico chiaro, certo e rapido.
Dobbiamo poi tener
presente che Singapore è oltretutto firmatario a tutti gli effetti della
convenzione di New York sugli arbitrati internazionali, quindi stipulare un
contratto a Singapore significa avere certezza di diritto, cosa che non sarebbe
del tutto possibile negli altri Stati appartenenti all’ASEAN.
Ricordiamo inoltre che
una delle lingue ufficiali a Singapore è l’inglese e ciò facilita molto le
comunicazioni, che Singapore è una repubblica e che il rischio Paese è prossimo
allo zero, godendo dunque di un’assoluta stabilità politica ed economica.
E’ anche importante
sapere che a Singapore in caso di costituzione di una società, non c’è
l’obbligo di avere un socio locale, e questo ritengo sia un aspetto molto
significativo. La burocrazia e la pubblica amministrazione sono le più efficienti
e trasparenti a livello asiatico. Se si vuole poi chiudere un’attività aperta a
Singapore, lo si può fare in breve tempo e rientrando in possesso dei capitali rimanenti
che si sono investiti, perché non vi è alcun blocco di circolazione della
liquidità.
Le imprese italiane sembra stiano consolidando ed incrementando sempre più la loro posizione a Singapore. Innanzitutto, perché consigliare alle nostre imprese di investire a Singapore? Quali opportunità è capace di offrire?
Per le imprese
italiane Singapore dev’essere visto come un hub non solo commerciale, ma anche
come un luogo dove stabilire un headquarter, quartier generale, o una trading
company dove inviare sul posto coloro che sono direttamente coinvolti nelle
trattative potenziali ed in quelle in essere. Il mio consiglio, infatti, è di
costituire una società a Singapore, in maniera tale da stipulare i contratti
sotto la legge di Singapore e sfruttare Singapore come base di approdo negli
altri Paesi dell’area ASEAN, come in realtà già fanno le grandi multinazionali,
in una triangolazione Paese d’origine, Singapore, nazione ASEAN.
Sconsiglio invece
l’investimento diretto nei restanti Paesi ASEAN, senza un’attenta analisi degli
stessi, per via del rischio paese che tutt’oggi li caratterizza.
Un’altra allettante
opportunità che si prospetterà a breve è l’accordo di libero scambio commerciale
recentemente siglato tra l’Unione Europea e Singapore che promuoverà
ulteriormente i rapporti economici e commerciali tra le due aree e che
comporterà la creazione di un vero e proprio spazio di libero mercato tra
l’Europa e Singapore, con l’eliminazione dei dazi doganali e la semplificazione
delle procedure burocratiche. Attualmente l’accordo è in fase di traduzione
nelle 24 lingue dell’Unione Europea, ed è in attesa della ratifica finale a
votazione plenaria da parte del Parlamento Europeo. Singapore, pertanto, non
solo sarà privilegiata nei rapporti commerciali con l’Unione Europea ma
diventerà ancora di più la vera porta per il Sud-Est Asiatico, grazie anche al
suddetto abbattimento delle dogane tra i Paesi ASEAN. Indubbiamente ciò aprirà
degli scenari di notevole rilevanza nello scacchiere mondiale, se poi volessimo
aggiungere che Singapore ha già ratificato altri diciotto accordi di libero
scambio con altrettante macroaree del mondo, possiamo dedurre immediatamente
che da Singapore transiterà la gran parte del flusso mondiale di merci. Stati
Uniti, Canada, Cina, India e Australia sono le nazioni principali che hanno
aderito ai free trade agreements con
Singapore. Un domani che si vorranno spedire delle merci dall’Europa agli USA,
lo si potrà fare facendole transitare su Singapore in entrata e in uscita,
evitando in questo modo di affrontare tutte le incombenze esistenti tra il
Vecchio ed il Nuovo Continente.
Una cosa che mi
auspico avvenga il prima possibile, è che l’Italia, ultimo Paese in Europa, tolga
quanto prima Singapore dalla black list
fiscale, perché è del tutto anacronistico, in quanto Singapore è già inserita
nella white list per lo scambio di
informazioni - dato che tutti i transiti tra l’Italia e Singapore vengono
comunicati celermente dalle autorità singaporiane -, inoltre è in vigore dal
1979, ulteriormente modificata e ratificata nel 2011, la convenzione contro la
doppia imposizione tra Italia e Singapore. Infine, nel mese di luglio 2013,
il Ministero degli Affari Esteri italiano ha siglato, con le autorità
governative di Singapore, un Memorandum d’intesa finalizzato a sviluppare il
livello degli interscambi commerciali ed economici tra i due paesi che rimarrà
in essere per due anni e potrà essere rinnovato o ulteriormente esteso, e che
prevede la fattiva e stretta collaborazione tra Italia e Singapore, con
specifica focalizzazione allo sviluppo e al supporto delle piccole e medie
imprese che operano o che volessero operare nel settore alimentare, della moda,
delle energie convenzionali e alternative, dei macchinari industriali e dei
prodotti similari.
Il 6 maggio 2014,
inoltre, Singapore assieme alla Svizzera e altri Paesi, ha siglato il
protocollo OCSE per lo scambio automatico di informazioni bancarie a partire
dal 2017.
Mantenere Singapore nella
black list, pertanto, determina una
posizione di notevole svantaggio per le imprese italiane rispetto a quelle
tedesche, francesi e degli altri Paesi europei, in quanto, per operare, devono sottostare
a molte più procedure burocratiche che, di fatto, scoraggia il processo di
internazionalizzazione verso Singapore e, conseguentemente, anche il giro
d’affari tra i due Paesi è decisamente inferiore a quello che potrebbe effettivamente
essere.
Lo Stato
di Singapore ha improntato il proprio sistema economico su una fiscalità di
vantaggio e su incentivi alle imprese che investono in innovazione tecnologica,
rendendolo dunque un Paese particolarmente attrattivo. Puoi approfondire questo
argomento?
Il governo di
Singapore si è posto come obiettivo quello di far diventare il proprio Paese
una vera e propria “intelligent nation”,
attraverso il programma iN2015, che
mira all’informatizzazione totale della nazione. In base a tale programma, ogni
abitante di Singapore dovrà possedere almeno un personal computer e dovrà
essere connesso ovunque. Per perseguire questo scopo, il governo di Singapore
ha messo in atto tutta una serie di incentivi diretti al sostegno dell’high tech.
Oltre a ciò, a
Singapore sono i primi che sostengono concretamente le iniziative nei settori
tecnologici di ogni tipo, ma anche in altri settori che offrono nuovi prodotti
sul mercato che vanno a soddisfare le esigenze della piccola repubblica dello
stretto di Malacca, mediante concessione di finanziamenti a tassi agevolati e
incentivi fiscali.
La fiscalità a
Singapore è decisamente favorevole e conveniente sia per le imprese che per i
residenti persone fisiche. Basti pensare che, a livello societario, l’aliquota
massima è al 17% per le società che l’anno precedente hanno fatturato oltre 300
mila dollari di Singapore, circa 176 mila euro, e per le società che stanno al di
sotto di quel fatturato, l’aliquota massima è dell’8,85%, mentre la good and service tax, la nostra IVA, è
al 7%, ed è applicabile solo a chi ha fatturato nell’anno fiscale precedente
più di un milione di sing dollars, esonerando
chi dichiara meno del milione.
Anche l’imposizione fiscale
sulle persone fisiche è sempre molto bassa, e allo scaglione più alto non viene
applicata un’aliquota superiore al 20%.
Il sistema di
assegnazione delle agevolazioni è molto selettivo, ed il processo con cui
avviene è molto rapido e “giusto”. Vengono finanziati solo i progetti migliori.
Ci sono tutte le forme di incentivi che sono presenti in Italia, ma ad un
livello decisamente superiore rispetto al nostro. A Singapore naturalmente non
mancano i finanziamento a fondo perduto, l’accesso privilegiato al credito, e
sgravi fiscali soprattutto per chi innova. Il rovescio della medaglia è che
loro chiedono garanzie per il prosieguo e il buon fine dell’iniziativa
successivamente all’ottenimento del finanziamento, poiché pretendono estrema
serietà, e da questo lato non transigono.
Prima di
partire per Singapore, un imprenditore ed investitore italiano, cosa dovrebbe
sapere e mettere in conto?
Innanzitutto occorre
sapere che Singapore è un contesto estremamente evoluto e competitivo, e che è
ogni giorno “bombardato” da richieste da ogni parte del mondo, quindi per
andare a Singapore occorre destare l’interesse dei singaporiani con efficacia,
con progetti veri e concreti.
Bisogna essere
proattivi e investire in maniera decisa senza tentennamenti. Solo dando questo
genere di segnale si può ottenere l’attenzione da parte dei soggetti che si vogliono
coinvolgere nel progetto, in quanto non basta solo l’idea, ma serve anche uno
sforzo concreto di investimento diretto. Non bisogna, inoltre, commettere
l’errore di pensare che siano loro a dover venire a cercare a noi, perché di
alternative rispetto a noi, ne hanno davvero a migliaia.
Un altro errore che un
imprenditore italiano non deve commettere, è di credere di fare le cose in proprio senza il sostegno di un bravo
ed esperto consulente in loco, perché rapportandosi ad una realtà completamente
differente da quella italiana, spesso l’imprenditore in questione abbandona il
progetto, demoralizzato dal non esser stato in grado di capire le logiche.
Quindi è fondamentale fare affidamento a consulenti che sanno come operare sul posto,
che conoscono le regole del gioco, e che sappiano mediare con le istituzioni e
con tutte le forze in campo. Serve una grande concretezza, e un’ottima ricerca
di mercato, che possa chiarire se il progetto d’investimento potrà avere un
riscontro positivo.
Quali
prodotti e servizi italiani sono richiesti a Singapore e che hanno le migliori
prospettive di collocazione?
Devo dare una buona notizia,
che sicuramente farà piacere. A Singapore amano tutto ciò che è Italian sounding, perché il made in Italy è molto apprezzato, e ci
sono veramente tante opportunità per chi volesse approcciare questo mercato.
I singaporiani sono
sicuramente interessati a vari settori su cui l’Italia eccelle, e cito a titolo
esemplificativo, mobili e arredi, beni di lusso, fashion, nautica di lusso, elettrodomestici,
aerospaziale, meccanica, elettronica, biomedicale e bioingegneria e tutto il nostro high tech.
Una menzione
particolare merita il settore edile. Bisogna
infatti sapere che a Singapore vengono costruiti interi palazzi con tutto già
predisposto in modalità standard in ogni appartamento, compresivi di tutti gli
elementi di arredo, con consegna all’acquirente chiavi in mano. Quindi ci sono vantaggiose opportunità di
inserimento in questo mercato cresciuto nel 2013 di ben il 17%, ovvero di 36
miliardi di sing dollars, circa 21
miliardi di euro, e in crescita anche nel 2014. Numeri da capogiro,
considerando che da noi l’edilizia è quasi ferma. Quindi diventa per noi
indispensabile proporci offrendo soprattutto complementi di idraulica, sanitari,
impianti di riscaldamento e di raffreddamento, tubi, maniglie, porte, finestre
e quant’altro.
Nei Paesi dell’ASEAN,
come Myanmar, Vietnam, Indonesia e Cambogia, c’è una notevole richiesta non
solo nell’edile ma anche nello sviluppo delle infrastrutture Paese, quali
strade, ponti, impianti idrici e fognari.
Un prodotto italiano
che, a nostro malgrado, a Singapore non si conosce, è il vino. Stranamente non
sanno che in Italia lo si produce. Per loro il vino è francese. Dunque
occorrerebbe che le nostre istituzioni si impegnino per la promozione del
prodotto wine.
Un settore che per
l’Italia ha dei numeri molto alti a livello di export, ma che a Singapore non
avrebbe accesso, è quello delle armi, poiché a Singapore sono proibite in
maniera assoluta, ad eccezione di quelle in uso dalle forze di sicurezza.
A
conclusione dell’intervista, desidero chiederti se secondo te è possibile attrarre
nel nostro Paese l’interesse di investitori provenienti da Singapore e a quali
settori sarebbero maggiormente orientati?
E’ possibile, ma non è
facile. Un singaporiano in Italia oggettivamente si troverebbe di fronte ad una
burocrazia molto complessa, a una tassazione complicata e tra le più alte del
mondo e a una giustizia molto lunga. Quindi, secondo me, difficilmente
accetterebbe questa sfida.
Le potenzialità
tuttavia non ci mancano, in quanto siamo pieni di eccellenze in ogni campo e
settore; è chiaro che bisogna essere
bravi a far capire il sistema Italia a un Singaporiano e agli stranieri in
generale.
Chiarito ciò, ci sono
sicuramente dei settori di primario interesse che potrebbero attirare investitori
di Singapore, quali ad esempio, il settore alberghiero di lusso, i marchi del
mondo della moda e il calcio.
Invece, ad oggi,
ritengo, che sia più difficile riuscire a coinvolgere un investitore di
Singapore in progetti di tipo industriale da sviluppare qui in Italia.
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